Il concetto espresso nella celebre massima latina mens sana in corpore sano è approfondito ne “La Repubblica” di Platone, dove il saggio Socrate si dichiara convinto che avere un corpo sano senza una mente sana non è in alcun modo possibile:
«Non mi risulta che un corpo in buona forma possa rendere buona l’anima in grazia della propria virtù, viceversa un’anima buona, per la sua stessa virtù può perfezionare il corpo in misura straordinaria. E tu che ne dici?»
La salute dell’anima diventa, nella cultura Ellenica, una terapia per rendere armonioso, e quindi più sano e vitale, il corpo. Platone usa l’espressione “epimèleia” (“cura dell’anima”, “attenzione verso l’anima”). Nell’antica Grecia si intuiva l’interconnessione tra l’anima e il corpo, e si auspicava l’evoluzione di una medicina globale in cui riflettere sulla salute dei singoli organi come parte di un sistema, un “tutto/uno” dotato di una propria coerenza intrinseca. Per inciso, tale visione non è ancora stata smentita né screditata.
La cura dell’anima comporta la coscienza e la padronanza di sé, l’equilibrio e l’armonia tra le parti dell’anima e quindi tra i vari sentimenti, come pure tra il pensare e l’agire. (Giuseppe Sorgi, Ripensare lo sport, 2010)
Dalla visione appena esposta si comprende come nello sport possa esplicitarsi il rapporto indissolubile tra corpo e mente.
Visto nella globalità dell’esperienza personale, l’esercizio dello sport è un valido strumento per il riconoscimento di sé. Come evidenzia il professor Sorgi lo sport è promotore di valori morali perché introduce alla consapevolezza di possibilità e limiti. Freud direbbe che lo sport è promotore del principio di realtà, al pari di ogni forma di relazione sana.
Al contempo lo sport è agonismo, strumento di realizzazione personale e scontro. In quanto tale può generare conflitto e far insorgere la tentazione all’inganno (violenza, scorrettezza, doping, ..). In questo discorso però i valori morali possono essere favoriti, anzi è auspicabile che si trasmettano, soprattutto in giovane età. Si pensi all’importanza del distacco dall’affermazione egocentrica, del riconoscimento di sé e degli altri, della cooperazione, del rispetto, dell’impegno nostro e di quello degli avversari, della padronanza e del perfezionamento.
Riscoprendo i valori del popolo di Platone è possibile anche riconoscere una spiritualità nell’agonismo, un’ascesi alla gara. L’agonismo è anche lotta, e in ciò consiste un aspetto del suo fascino, è un’efficace metafora della vita, una proiezione in condizione di confronto predisposto e controllato (Sorgi, 2010).
Concludendo un discorso che potrebbe durare ancora a lungo, e per il quale rimando ai numerosi libri esistenti, voglio accennare al fenomeno delle Olimpiadi. E’ un esempio che mi piace fare quando lavoro con gruppi di atleti o con gli studenti.
I giochi olimpici nascono circa 2700 anni fa ed è noto che durante le olimpiadi ogni conflitto bellico in corso tra gli stati partecipanti veniva sospeso. Questa semplice informazione mi sembra emblematica del valore massimo di guida che lo sport può assumere nella vita di ogni giorno, nostra ed auspicabilmente di interi paesi. Celebrare lo sport infatti significa esaltare le potenzialità del corpo umano espresse al loro meglio e verso nobili fini. Le paralimpiadi per esempio dimostrano come la persona possa riorganizzare e mantenere le proprie potenzialità, in virtù delle doti radicate nel corpo umano. Lo sport si pone quindi come somma di valori, di ideali e cura di sé che sono in evidente contraddizione con la belligeranza (che comporta violenza, violazione dei diritti, imposizione di traumi, spreco di talento e morte). Lo sport visto come ricerca della conoscenza e del perfezionamento di sé è in aperta contraddizione con guerre e conflitti, per cui non è possibile celebrare l’agonismo sano se altri uomini sono contemporaneamente impegnati in guerra.
CENTRO DI PSICOLOGIA DELLO SPORT PESCARA